sabato 12 gennaio 2013

Gianna Jessen



Cosa disse la Beata Madre Teresa di Calcutta sulla testimonianza di Gianna Jessen:

"Dio sta usando Gianna per ricordare al mondo che ogni essere umano è prezioso per Lui.

È bello vedere la forza dell’amore di Gesù che Egli ha riversato nel suo cuore.

La mia preghiera per Gianna, e per tutti quelli che la ascoltano, è che il messaggio dell’amore di Dio ponga fine all’aborto con il potere dell'amore".


Mi chiamo Gianna Jessen, vorrei dirvi grazie per la possibilità di parlare oggi. Non è una piccola cosa dire la verità. Dipende unicamente dalla grazia di Dio il poterlo fare.

Ho 35 anni, sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica che aveva 17 anni era incinta di sette mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo. L’aborto salino consiste nell’iniezione di una soluzione di sale nell’utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre partorisce un bambino morto entro 24 ore.

Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una clinica per aborti della California.

C’erano giovani donne nella stanza che avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini morti e quando mi videro, provarono l’orrore dell’omicidio, un’infermiera chiamò un’ambulanza e mi fece trasferire all’ospedale.

Fortunatamente per me il medico abortista non era alla clinica, ero arrivata in anticipo, non si aspettavano la mia morte fino alle 9 del mattino, quando sarebbe probabilmente arrivato per il turno d’ufficio. Sono sicura che non sarei qui oggi, se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un “aborto mal riuscito”, il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata… dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo!

Rimasi all’ospedale per circa tre mesi, non c’era molta speranza per me all’inizio pesavo solo nove etti. Oggi, sono sopravvissuti bambini più piccoli di quanto lo ero io.

Un medico una volta mi disse che avevo una gran voglia di vivere e che lottavo per la mia vita e alla fine potei lasciare l’ospedale ed essere data in adozione.

Per via di una mancanza di ossigeno durante l’aborto vivo mi fu diagnosticata la paralisi cerebrale e tutto quello che potevo fare era stare sdraiata.

Dissero alla mia madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare, non riuscivo a tirarmi su e mettermi a sedere da sola.

Attraverso le preghiere e l’impegno della mia madre adottiva, e di tante persone, sono riuscita a sedermi, a gattonare e stare in piedi, camminavo con un girello e un apparecchio ortopedico alle gambe.

Poco prima di compiere quattro anni e dopo che cominciai a camminare, fui adottata legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, Diana De Paul, , altrimenti il Dipartimento dei Servizi Sociali non mi avrebbe concesso l’adozione.

Ho continuato la fisioterapia per la mia disabilità ed ho subito in tutto quattro interventi chirurgici, ora posso camminare senza assistenza, anche se non è sempre facile, a volte cado, ma ho imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni.

Sono così grata per la mia paralisi cerebrale perché mi permette di dipendere veramente solo da Gesù per ogni cosa.

Sono quasi morta , ma sono felice di essere viva e ogni giorno ringrazio Dio per la vita.

Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell’utero. Non penso proprio che nessuna persona concepita sia una di quelle cose.

Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto e sono tutti grati per la vita.

Ricordo molto bene Sarah quando aveva due anni, anche Sarah ha la paralisi cerebrale, ma la sua diagnosi non è buona.

È cieca ed ha delle gravi crisi, il medico oltre ad iniettare nella madre la soluzione salina, l’ha iniettata anche alla bambina.

Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti, come Sarah, ed anche per quelli che non possono parlare…

Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo.

È un tessuto o qualcos’altro quando non è il momento giusto.

Un bambino è un bambino, quando c’è un aborto spontaneo a due, tre, quattro mesi.

Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l’aborto volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo la differenza.

Che cosa vedete? Molti chiudono gli occhi…

La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita.

È stata un grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione.

Fatemi vedere come possa essere la risposta.

Gianna ha anche incontrato, la sua vera madre e l’ha perdonata.